11 mag 2014

2 - BREVE STORIA DELLA SIEM  di Carlo Delfrati 
Società Italiana per l'Educazione Musicale

L'alba della SIEM dal sito siem-online.it  

 1. Radici
Anno che si ricorda, il Sessantotto. Anche a Milano. La gestazione della SIEM comincia nel maggio delle rivoluzioni studentesche e finisce nel successivo aprile delle prime bombe milanesi. A metà percorso, più innocue ma non meno significative, volano le uova marce di Mario Capanna e dei suoi (e miei) compagni d’università, all’apertura della stagione scaligera. La contestazione ribolliva da tempo e tutti ne eravamo contagiati, chi più chi meno.
Ma la contestazione che m’immaginavo per la “mia” associazione correva su un binario ben distinto, per certi aspetti divergente, da quello degli amici universitari: promuovere la ricerca e l’elaborazione didattica era un viaggio che a loro interessava poco intraprendere.
Nell’orticello degli insegnanti di musica il Sessantotto politico trascorre inavvertito. A quel tempo una loro associazione esiste già. Anzi addirittura due, rivali fra loro: il Gruppo Nazionale Insegnanti di Musica e Canto Corale (fondato nel 1947; dal 1963 cambia “Musica e Canto Corale” in “Educazione Musicale”) e l'Associazione Nazionale Professori di Educazione Musicale (fondata nel 1966). Ma basta frequentare uno dei loro infuocati incontri per rendersi conto che è venuto il tempo di mettere in piedi qualcosa di completamente diverso. Sono associazioni nate con lo scopo di difendere gli interessi della bistrattata categoria degli insegnanti di musica. Lo scopo è sacrosanto; e va riconosciuto anche a quel manipolo di combattenti il merito dell’ingresso della musica nella scuola media unificata, nel 1963. All’assemblea nazionale a cui il 9 marzo partecipo, l’ordine del giorno prevede 21 punti. Uno riguarda le “modalità per la conservazione dell’eccedenza di stipendio…”; un altro “le modalità per ottenere un contributo di integrazione spese sostenute per malattia”; un altro riguarda gli atti legali da intraprendere per far accedere gli insegnanti di musica dal ruolo stipendiale dei diplomati a quello superiore, riservato ai laureati. E così via.
Approvo tutto anch’io naturalmente, chi non ci sta? Ma è un genere di questioni da tenere ben distinto da quello che a me allora sta a cuore: rinnovare dall’interno la didattica, alzare di livello la qualità della vita nella scuola - la vita di chi insegna, sì, ma soprattutto di chi impara.

2. Una diversa strategia

Dove i compiti della futura associazione andavano a sovrapporsi a quelli delle associazioni esistenti era nella richiesta di spazi sempre più consistenti per la nostra disciplina, a cominciare dalla sua obbligatorietà nella scuola media. Ma anche per questo compito doveva secondo me cambiare radicalmente la strategia. Un solo esempio: nel 1967 il Gruppo ringrazia il Ministero perla circolare con cui esonera gli insegnanti di Educazione musicale dall’obbligo di partecipare ai consigli di classe: che contributo può mai recare il povero musicista, alle prese ogni settimana con 400 ragazzi distribuiti in 18 classi diverse? Stia pure a casa, a riprendersi dal trauma. Grazie Signor Direttore Generale dell’Istruzione di Primo Grado “per l’interessamento e la comprensione dimostrati al problema”.
No no, cari colleghi: il povero musicista pretende di partecipare ai consigli di classe, perché vuole difendere gli interessi e le risorse musicali dei suoi ragazzi davanti ai solenni del leggere/scrivere/fardiconto; e siccome vedere 400 ragazzi per un’ora alla settimana non solo è alienante ma non ci permette di “recare un contributo ecc. ecc.”, ne vogliamo due. Di ore. Questo più o meno il ragionamento. Che alla fine si rivelerà vincente.
 3. Filosofia o pancia piena?
L’esempio lascia trasparire in che senso dai compiti della nuova associazione dovesse restare esplicitamente escluso quello più strettamente corporativo: perché in caso contrario avrebbe inevitabilmente finito con il monopolizzare tutti i suoi interessi. “Prima di filosofare bisogna avere la pancia piena”, aveva pur detto un filosofo. Senza rinnegare questo ovvio precetto, mi pareva che per valorizzare l’educazione musicale occorresse una strategia di segno apparentemente contrario: miglioriamo l’insegnamento, e avremo dalla nostra ragioni ben più credibili anche per le rivendicazioni.
A difendere gli interessi della categoria lasciamo appunto chi già se ne fa carico, le due esistenti associazioni, e più in generale i sindacati. Quando la SIEM sarà nata, la questione apparirà tutt’altro che pacificamente assorbita. Ricordo un paio di episodi. Già al suo primo convegno nazionale, vedendo le belle iniziative che sfilano davanti a noi sul palco, ecco la vivace obiezione di una partecipante: “se mostriamo ai governanti che si può insegnare così bene la musica anche nella precaria situazione in cui ci troviamo, se ne guarderanno bene dal concederci i miglioramenti a cui aspiriamo!”. Quella partecipante diventerà di lì a poco una delle più zelanti attiviste della SIEM, oltre che una cara amica.
A rompere perentoriamente con la SIEM saranno invece, sempre in quell’autunno caldo 1969, o poco dopo, alcuni insegnanti di strumento a fiato. Il passaggio dalla categoria inferiore alla superiore era stato riconosciuto solo agli altri diplomi: sperequazione inaccettabile ai danni degli strumentisti a fiato, che sollecitavano un’azione da parte della neonata SIEM. Ma ormai la decisione era stata presa: la lettera di risposta, che affettuosamente rimandava i colleghi alle associazioni sindacali, non evitò la replica feroce: “Nella nostra città di *** la SIEM non nascerà mai!”

4. Diogene formato Sessantotto

Ma torno al mio Sessantotto. Se la nascitura associazione doveva distinguersi dalle due esistenti e pur meritorie, chi avrebbe potuto fare da levatrice? Insomma, dove cercare menti e braccia per costruirla? Il primo tentativo lo compio presso personalità influenti della vita musicale, che si sono mostrate sensibili alle problematiche dell’educazione e che da poco mi hanno gratificato della loro stima: il primo è Riccardo Allorto, consulente di Casa Ricordi, che mi chiede giusto allora un contributo alla sua collana didattica (i famosi volumetti rossi); il secondo Giorgio Colarizi, che m’invita a tenere lezioni ai corsi d’aggiornamento organizzati dal suo Centro Didattico Nazionale. Entrambi declinano l’invito, a quella che sembra un’iniziativa non solo utopistica ma - e qui la loro previsione si rivelerà dannatamente vera - ben faticosa e impegnativa.
Dunque non resta che rimboccarsi le maniche, e arrangiarsi. Accendo la lanterna e come Diogene mi metto in giro alla cerca di collaboratori. Comincio da qualche vecchio compagno della Scuola di Paleografia Musicale, come Giuliana Bramati e Tomaso Ferrari, che sarà il nostro primo tesoriere. Nelle assemblee degli insegnanti abbordo quei colleghi che mostrano di staccarsi dagli altri per gli interessi professionali. Mi si lasci ricordare con gratitudine Mariella Sorelli, che imprimerà una carica decisiva; o Maria Pia Pasoli, che fonderà e presiederà a lungo la sezione vicentina della SIEM e starà anche nel direttivo nazionale.

5. Il primo statuto

Contemporaneamente penso a uno statuto. Dovevano essere chiare alcune cose, a cominciare da queste:
  • l’associazione doveva escludere dai propri fini ogni obiettivo di tipo sindacale o corporativo;
  • doveva dichiararsi aperta a ogni linea metodologica, ossia doveva evitare di sposare una particolare impostazione dell’educazione musicale. Già si cominciava allora a parlare di “Metodi”, legati ai repertori di Kodaly, Orff, Willems e altri:“metodi” che si tendeva a immaginare, e a vivere, come scatole chiuse,prendere o lasciare, formulari rituali e dogmatici. La nuova associazione doveva diffonderne la conoscenza, ma togliendo loro ogni pretesa di esclusività:doveva proprio incoraggiare il confronto, la diversità e la creatività didattica;
  • doveva porre, alle radici del progresso dell’educazione musicale, la promozione di studi e ricerche sul terreno della didattica, per dare a questa una base solida, sulla quale fondare in futuro la formazione degli insegnanti;
  • doveva aspirare a coinvolgere gli operatori ai diversi livelli dell’istruzione, dalla prima infanzia agli anziani, dalla pratica amatoriale all’istruzione superiore, conservatoriale: sollecitandone l’interazione reciproca;
  • per queste ragioni doveva presentarsi non come il sodalizio di una categoria particolare di operatori,ma come il raggruppamento più libero e ampio possibile di persone sensibili alla promozione dell’educazione musicale, chiunque fossero, qualunque professione o interesse coltivassero;
  • doveva partecipare con propri seri contributi al dibattito sulla politica della scuola e alla relativa progettazione;
  • doveva servirsi dei propri titoli di merito “scientifici” per ottenere maggiore considerazione per l’educazione musicale da parte dei politici, degli amministratori e ingenerale dell’opinione pubblica.
Un amico con cui da ragazzo avevo condiviso l’avventura spericolata di un Circolo Musicale Studentesco mi assiste nella stesura dello statuto: Giulio Chiodi, che di lì a poco sarebbe diventato docente di Filosofia del Diritto all’Università di Pavia. Pochi articoli, per non legarci le mani prima di sapere come potrà svilupparsi l’iniziativa. Il documento è pronto, ed è quello che mostro ai primi proseliti, per spiegare le finalità della nascitura associazione. Il 19 marzo 1969 verrà approvato in un informale incontro casalingo, al quale daremo il nome altisonante diAssemblea Costituente.

6. L’Inchiesta nazionale

Nel ’68 la ricerca dei collaboratori continua. Conosco un maestro elementare, il maestro della scuola in cui l’anno dopo andrò a iscrivere il mio primogenito.Un maestro entusiasta di musica come lui è ben difficile trovarlo. Non solo fa cantare e suonare ogni sorta di strumenti, tutti i giorni,ma usa la musica per insegnare l’alfabeto, l’aritmetica e Dio sa quant’altro ancora.
Si chiama Giordano Bianchi. Ma la ragione per cui lo cerco non è solo questa. Nel tempo libero arrotonda le sue magre entrate di maestro con consistente prole a carico, promuovendo la diffusione di strumenti dal nome allora magico, “Strumentario Orff”. Pochianni prima ci siamo trovati in un pomposo “Centro Studi per l’educazionemusicale nella scuola”, che ha ai suoi vertici nientepopodimeno che ilPresidente del Museo della Scienza e della Tecnica, il Vicesindaco e ilProvveditore agli Studi; e in più Riccardo Allorto, Sergio Marzoratidirettore della Scuola Civica, Luigi La Pegna e Dorothy Lanni della Quara,demiurghi di Gioventù Musicale. Un Centro nato per promuovere tante cose, fra cui la pratica strumentale nelle scuole (è bene ricordare che i programmi ministeriali del 1963 non ne prevedevano alcuna). Nato e morto nel giro di una stagione.
Bianchi non demorde,e nella primavera del ’68 mi sottopone il testo di un questionario con cui intende saggiare la disponibilità degli insegnanti medi di Milano alla pratica strumentale. Aggiusto il taglio, trasformando il questionario in un sondaggio sulle convinzioni e le pratiche dei colleghi. I 118 questionari ritornati (su 200 inviati a maggio, con il patrocinio di un sindacato) forniscono la base di un secondo, ben più complesso questionario,che chiudo con tre domande mirate:
  • 62. Dalla sua esperienza di insegnante, ritiene di aver maturato idee che potrebbero utilmente essere conosciute ? anche mediante pubblicazioni specializzate ? dai suoi colleghi?
  • 63. Riterrebbe professionalmente utile l’organizzazione, su scala nazionale, di una libera associazione tra insegnanti, asindacale e apolitica, col fine di incoraggiare la collaborazioner eciproca e il confronto delle esperienze, di favorire sperimentazioni e ricerche didattiche, di promuovere iniziative?
  • 64. Aderirebbe a tale associazione

7. Apre il cantiere

Si tratta ora di trovare i quattrini per stampare il questionario, gli indirizzi a cui mandarlo,in tutta Italia, e un gruppo di anime buone disposte con me a scriverli,a imbustare, ad appiccicare i francobolli… Gli indirizzi, 5000 indirizzi di insegnanti di Educazione musicale, ci vengono dati dalla rivista didattica a cui collaboro. Resta il problema quattrini. Un po’ di spirito imprenditoriale non guasta: rinnoviamo nel questionario le domande sulle pubblicazioni e sugli strumenti musicali: così troviamo tre case editrici e cinque fabbriche di strumenti che si suddividono le spese della stampa e della spedizione. Una musicista milanese aggiunge un suo cospicuo contributo personale alle magre autotassazioni con cui il nostro gruppo finisce di coprire le spese; è giusto che ne ricordi ancora il nome:
Mira Pratesi. La nominiamo Socia Vitalizia (non ce ne saranno altre).
Restano le “anime buone”. Qui entra ancora in azione Bianchi. Grazie ai suoi rapporti con gli insegnanti milanesi, comincia un rito che durerà mesi: alla spicciolata, uno, due, tre per volta, si affacciano nel mio studio, recati dallo zelante Giordano, gli insegnanti incuriositi dall’idea di far nascere…Nascere cosa? Quegli incontri sono riempiti da rimbombanti concioni, a metà tra l’adescamento e la profezia: “Sorgerà creatura che cambierà le sorti dell’educazione musicale nel nostro paese; e voi ne sarete gli artefici!”. Le parole con cui presento gli scopi della futura associazione non sono proprio queste, ma devo confessare che un pizzico di megalomania non manca mai di condire le nostre serate (ci si vede dopocena, con contorno di pasticcini e sobrie bibite). C’è chi accetta di impegnarsi, c’è chi si limita a dare un’adesione di massima.E i loro numeri di telefono si aggiungono sul mio quadernino a quelli della primissima leva.
Fra il dicembre 1968e il marzo 1969 il dado è tratto. Corso Vercelli è trasformato in un’agenzia di spedizioni. Un’agenzia festante e goliardica, che fa toccare con mano quanto bisogno gli insegnanti sentissero di rompere l’isolamento e di ritrovarsi insieme. Nelle prime notti d’aprile le cassette postali del centro vengono intasate dai nostri cinquemila corposi questionari.Ottocento ci ritornano perché l’indirizzo è sbagliato. Dei restanti 4.200, ben 1.240 vengono restituiti compilati, da tutte le regioni. Mentre i primi questionari arrivano in Corso Vercelli, una squadra di quindici apostoli si reca dal notaio Marsico (il testimone delle mie nozze: servizio gratuito) per depositare lo statuto.
Questi i nomi: GiulianaBramati, Caterina Costadoni, Anna Maria Craighero, Carlo Delfrati, TomasoFerrari, Rosaria Finocchiaro, Maria Claudia Fossati, Italo Lo Vetere, AnnarosaMagnani, Amedeo Maiuri, Adriana Mauri, Mariella Sorelli, Emma Toppi, Carlo Vendolo, Osvaldo Zambolin.
Due di loro oggi non ci sono più: Tomaso e Italo; scomparsa un’altra preziosa collaboratrice di quei giorni, Fernanda Toppo, la sorella di Emma.
Si stabilisce anche un primo, provvisorio direttivo: Delfrati presidente, Vendolo vice, Sorelli segretaria, Ferrari tesoriere; Fossati, Lo Vetere, Magnani consiglieri. E’ il 17 aprile del 1969. 
La SIEM ha finalmente un’esistenza giuridica.Si tratta ora di darle un’esistenza di azioni e di opere.
....... alla prossima

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